A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
La strada che congiunge la Porta Romana all'abbazia di Chiaravalle si perde nella notte dei tempi. Come ho già detto in un mio articolo in cui parlavo di Nosedo, essa esiste probabilmente almeno dal sesto secolo.
Nel primo tratto essa coincide con l'odierno corso Lodi ma al Pilastro, sito dove oggi si trova la "Monta", cioè il cavalcavia sulla ferrovia, dal corso (via Emilia) si dipartiva la strada per Chiaravalle, che è tuttora percorribile nello stesso tragitto dei secoli andati.
Di essa ci occuperemo in questi articoli.
Iniziamo quindi dalla via don Bosco, ed iniziamo a percorrerla partendo dal termine della strada senza uscita; si noterà che i numeri civici partono infatti da qui, segno che un tempo essa si distaccava dal corso. Oggi per giungervi occorre passare da piazza San Luigi, ma ricordo che quand'ero ragazzo, una trentina di anni fa, era possibile passare attraverso le scale dell'ultimo portone, che aveva un'entrata in via don Bosco e una in corso Lodi, al civico 52, di fianco all'attuale birreria, da quel balcone di ringhiera tuttora visibile. Purtroppo in seguito i problemi di sicurezza indurranno i condomini a chiudere il passaggio; noi però partiamo idealmente da qui.
Subito sulla destra notiamo un vuoto: vi si trovava una piccola casetta ad un piano, recentemente demolita. A seguire, sulla destra, il cortile dell'oratorio di san Luigi, che precede la chiesa, cui ho già dedicato un articolo tempo addietro, per cui mi limito a ricordare che risale al 1896 e che fu progettata dall'architetto Oreste Benedetti.
Di fronte al cortile dell'oratorio si trova un bucolico ambiente mantenutosi immutato nel tempo: è il circolo Acli, fondato circa sessant'anni fa, la cui bassa costruzione è preceduta da uno splendido pergolato, da cui a settembre viene raccolta l'uva.
La casa successiva invece, ornata di fregi, si fa notare soprattutto per la bella loggia centrale che però, curiosamente, non poggia sul portone, come capita di solito, in quanto esso è situato all'estremità destra dell'edificio; ne risulta un quadro insieme grazioso e asimmetrico.
Superata la piazza proseguiamo in mezzo alle case di un quartiere che ha sempre mantenuto la sua essenza popolare, e dove si parla ancora il dialetto milanese, come recita un cartello sulla vetrina di un noto e storico cartolaio del borgo.
Poco dopo, sulla sinistra, si trova un bar al cui interno fino a qualche anno fa era presente una "quadreria lombarda": si trattava di una serie di quadri, accostati più per le loro dimensioni che per i loro soggetti, in modo da coprire completamente le pareti; una di queste si trova al Museo di Milano, ed era un'abitudine dei nobili lombardi del Settecento.
Superato il bar, possiamo notare che anche i recenti rifacimenti hanno rispettato la misura e lo stile delle case precedenti, per cui la sensazione di omogeneità continua ad essere avvertita camminando tra le basse casette, alcune delle quali dotate di giardinetto al piano terreno.
Sulla sinistra, poco dopo, si trova un self-service con giardino, che ha da pochi anni sostituito la storica trattoria "La Valletta", un locale dove si mangiava a prezzi contenuti un classico menu toscano di ottima qualità.
Dopo la via Breno, sulla destra si trova un ampio condominio, che giunge fino all'incrocio con viale Brenta, che vanta un grande giardino interno e numerosi accessi, in ognuno dei quali si trova una fontana con una scultura di fenicottero, molto gradevole.
Superato il semaforo, la via cambia nome e diventa Bessarione. Il primo tratto è caratterizzato, sulla sinistra, da una fila di basse costruzioni, con giardino interno, risalenti alla fine del diciannovesimo secolo, mantenutesi intatte o, in caso di ristrutturazione, omogenee nello stile; da notare, al civico 5, la balconata posta all'ultimo piano, anche se non facile da vedere a causa della copertura successiva.
A seguire sulla sinistra è il piacevole spazio verde annesso alla piscina Mincio, mentre superato l'incrocio ci attende un'altra tratta affiancata da case d'epoca, sempre più che dignitose, seppur non lussuose.
A questo punto interrompiamo la nostra passeggiata, che riprenderemo nel prossimo articolo a partire da questo incrocio.